A soli quaranta chilometri da Napoli, giù dietro la mesta collina di Capodimonte a manca e la bruna falda della Somma a destra, là in fondo alla gran pianura nolana, si spiega, a guisa d’immensa muraglia di color gridellino, tutto il Partenio.”
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Ma questa è una mattina di aprile lontana dai giorni dei riti pagani ed è il giorno che abbiamo dedicato ad una delle ricognizioni di quello che momentaneamente consideriamo il sentiero di Buccafusca (ne abbiamo parlato in quest’articolo: “Guida sentimentale della Campania”. A 70 anni da Buccafusca, la salita al Ciesco Alto)
Il nostro percorso va avanti con varie tappe.
Nel nostro cammino, dall’alto vediamo prima il Campo San Giovanni e poi mano mano affiancarsi il Campo di Summonte. Dei corvi imperiali girano intorno al Ripetitore, come guardiani a una torre recente senza principessa. Al Ripetitore è anche possibile giungere in auto, attraverso una strada asfaltata, la strada di servizio del ripetitore, che non percorriamo, ritornando sul percorso di cresta fra gli alberi.
Questa vegetazione verde fitta e vivace ci insegue ad ogni passo. Dove non è così vivace, spuntano dal terreno e dalla neve steli che sembrano dita affusolate di creature aliene, e che si spiegheranno poi in ali verdi dai fiori colorati e non rimarrà più alcun ricordo di quanto erano strane nella loro lotta iniziale per l’esistenza su questo pianeta.
Continuando a camminare nella direzione prescelta (la nostra direzione: Toppa Riviezzo-Acerone-Ciesco Bianco) s’incontra una lastra di pietra, che rappresenta il termine d’inizio del comune di Sperone e che risale al 1840.
Scesi a Quattro Vie per il sentiero dello Scalandrone, dopo un saluto d’obbligo alla fontana dell’Acqua delle Vene, volgiamo a Montevergine, attraverso una strada tenuta abbastanza male, che passa per Campo Maggiore. Campo Maggiore è una piana immensa situata “dietro” Montevergine, con un laghetto, che negli ultimi anni non mi aveva dato per niente l’idea di essere incontaminata, per la frequente presenza di persone in motocicletta e go-kart. Adesso al crepuscolo però stava assumendo un fascino diverso. L’immagine che abbiamo di fronte sembra evaporare per lasciar posto alla sua corrispondente nella notte. Il bosco che contorna la piana sembra quello dove innamorati, ninfe e fauni, possano nascondersi e incidere i loro nomi sugli alberi. Fa freddo, molto più freddo che sulle creste, dove quella mattina non batteva il vento. Ci fermiamo a guardare la piana con il suo laghetto. Non c’è nessuno. Non lontano da qui, dovrebbe essere situato l’Orto di Virgilio, del quale si stanno perdendo le tracce negli anni, con la morte degli ultimi monaci che ne conoscevano la precisa ubicazione. In quest’orto Virgilio coltivava le piante officinali, in mezzo ai monti che contribuirono ad ispirare le Bucoliche. Tantissimi, gonfi e buffi crocus sono ovunque, gonfi come le piume degli uccellini al freddo nel buio che avanza, sul ciglio della strada. I crocus mi ricordano da sempre l’Orto di Virgilio, perché quando ci andai, da bambina, ne era pieno. Infine, un piccolo passaggio che ricorda il ponte all’inizio della Città Incantata di Miyazaki, ci riporta al mondo reale, quello dove abbiamo lasciato in stand by le nostre vite.
Tra scritte sui muri criptiche come “Non potresti tu farti monaco?”, eccoci all’Abbazia di Montevergine, dove salutiamo la Madonna prima di ritornare a casa.
Giustino Fortunato – Il Partenio – L’Appennino della Campania
Guida sentimentale dei Monti del Sud – Emilio Buccafusca
Pino Eremita – Flora officinale spontanea dell’Appennino